Una specie di ritorno

Tornare in treno la sera, prendere una corriera nella notte. La sala di attesa, guardare le storie degli altri.
Si seguono percorsì così, tornando all’inizio per strade diverse. Tutto diverso nella sostanza, però i percorsi sono anelli. Piste su cui si orbita, attorno a un centro imperscrutabile. Mi leggo a tratti, nei volti degli altri.

Ti sembra normale

Ci sono momenti in cui un uomo deve essere un uomo, ti dicono in soldoni. Cioè deve fare quello che a un uomo è richiesto. Il motore. Roba da uomini. E allora ci accingiamo a essere normali.
Oggi ho fatto un pensiero davvero abissale, più abissale dell’eterno ritorno di Nietzsche. Ho immaginato che il reale fosse davvero reale. Ma è stato solo un attimo.

Mentre lievita il pane

Mi appresto a fare cose tipo digitare su di un computer delle stringhe che dovrebbero essere un lavoro. Ma ho impastato la farina con il lievito, e in cucina qualcosa di vivo sta accadendo. Quando l’assurdità dell’intorno si fa cerchio chiuso, perimetro che ti racchiude, solo l’atto di impastare ti permette di forare la guaina, di passare al di là, per un poco. Perchè il pane è cosa viva che lavori con le tue dita e si fa massa elastica, dormiente all’apparenza e poi viva. 

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Wittgenstein – Sulla certezza – 159

159. As children we learn facts; e.g., that every human being has a brain, and we take them on trust. I believe that there is an island, Australia, of such-and-such a shape, and so on and so on; I believe that I had great-grandparents, that the people who gave themselves out as my parents really were my parents, etc. This belief may never have been expressed; even the thought that it was so, never thought. 

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